“Conosciamo i nostri doveri” in condominio: quali le sanzioni, se violiamo il regolamento?

da laleggepertutti.it

Regolamento condominiale

La trattazione dei doveri di chi vive in condominio non può non passare innanzitutto dall’obbligo, cui sono tenuti tutti i condomini, del rispetto del regolamento condominiale. Il regolamento approvato all’unanimità può contenere anche limitazioni all’uso della proprietà individuale, vietando ad esempio di fare rumore in determinati orari del giorno, affittare l’appartamento a particolari categorie di persone (studenti universitari, extracomunitari non regolari, ecc.), stendere i panni dal balcone o appendere condizionatori sulla facciata dell’edificio.

Il regolamento può vietare inoltre la modifica dell’estetica dell’edificio con la creazione di verande a copertura dei balconi o la predisposizione di tende e infissi diversi da quelli deliberati dall’assemblea.

Il regolamento può essere approvato all’unanimità in due modi: o in assemblea, con partecipazione di tutti i proprietari, oppure in sede di acquisto dei singoli appartamenti (in tal caso gli acquirenti accetteranno, insieme al rogito, il regolamento redatto dall’originario costruttore).

Il regolamento che vieta determinate attività o utilizzi degli appartamenti dei singoli condomini può essere opposto anche ai successivi acquirenti degli appartamenti a condizione che sia trascritto nei pubblici registri immobiliari (accanto a ciascuna unità abitativa) oppure venga allegato all’atto di vendita dell’appartamento, dando così al compratore la possibilità di conoscerlo.

Sanzioni per chi viola il regolamento

Per le infrazioni al regolamento può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a 200 euro (fino a 800 in caso di recidiva). La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie. La sanzione può essere applicata solo se prevista prima da una norma del regolamento, norma che deve anche autorizzare l’amministratore a infliggere la multa.

 

“Conosciamo i nostri diritti” in condominio: uso dell’appartamento

da laleggepertutti.it

Uso dell’appartamento in condominio

Ciascun condomino è libero di utilizzare l’appartamento come meglio crede, salvo limiti nel regolamento approvato all’unanimità. L’unanimità può essere raggiunta non solo con votazione in assemblea, ma anche con singole e separate approvazioni del regolamento all’atto dell’acquisto delle unità immobiliari in sede di rogito notarile con il costruttore.

La giurisprudenza oggi è molto rigida nell’interpretazione di tali clausole limitative e solo un’espressa elencazione di ciò che è vietato fare può essere ritenuta valida. Questo significa che se il regolamento vieta l’uso dell’appartamento per attività alberghiera si può ugualmente fare l’affittacamere o creare un b&b.

Il regolamento di condomino non può vietare di tenere animali negli appartamenti (anche in questo caso salva l’unanimità) così come impedire che gli stessi siano trasportati in ascensore.

Non si può impedire al proprietario di affittare l’immobile a determinate categorie di soggetti (ad esempio studenti ed extracomunitari).

L’utilizzo dell’appartamento per attività commerciali non implica di per sé una maggiore partecipazione alla spesa comune; per cui, ad esempio, in assenza dell’unanimità, non si possono imputare più millesimi a chi riceve numerosi cliente e perciò sfrutta di più l’ascensore o le scale.

L’utilizzo dell’appartamento non deve creare molestie ai vicini come rumori e altri schiamazzi. Questo significa che se il regolamento non vieta di aprire palestre o altri esercizi commerciali, questo non significa che il proprietario non debba fare in modo di isolare l’acustica se questa molesta i vicini.

Esistono una serie di attività consentite sul balcone di casa come l’installazione di un’antenna o di un condizionatore, il posizionamento di una bombola d’acqua o di un impianto di riscaldamento autonomo, stendere i panni o apporre vasi. Eventuali divieti devono essere contenuti nel regolamento approvato all’unanimità. Per maggiori chiarimenti sul punto leggi Cosa si può fare sul balcone di casa?

Tra i diritti inerenti alla proprietà privata rientra anche quello di distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento a condizione che ciò non implichi un particolare aggravio o un malfunzionamento all’impianto comune. Non c’è bisogno di chiedere un’autorizzazione all’assemblea o all’amministratore. A quest’ultimo andrà solo data la comunicazione a lavori eseguiti affinché decurti le spese di consumo dai millesimi del soggetto distaccato (che tuttavia continuerà a pagare le spese fisse di conservazione dell’impianto e la manutenzione dello stesso).

“Conosciamo i nostri diritti” in condominio: tutela della proprietà privata

da laleggepertutti.it

Tutela della proprietà privata

Al fine di tutelare la proprietà privata, il condomino è libero di installare dei doppi infissio delle inferriate poiché, secondo la giurisprudenza, prevale l’esigenza della sicurezza che non il piccolo danno all’estetica dell’edificio.

Allo stesso modo il condomino può installare un impianto di videosorveglianza sul pianerottolo di casa. Attenzione però: per non incorrere nel reato di «interferenze illecite nella vita privata» (ossia nella lesione dell’altrui privacy) sarà necessario non puntare l’occhio della telecamera sugli spazi comuni o sulla porta del vicino.

Sempre a tutela della propria privacy si ha il diritto di non mettere la targhetta col proprio nome sul citofono. L’amministratore non può imporre infatti di rendere riconoscibili i nomi dei proprietari.Sempre a tutela della propria privacy si ha il diritto di non mettere la targhetta col proprio nome sul citofono. L’amministratore non può imporre infatti di rendere riconoscibili i nomi dei proprietari.

“Conosciamo i nostri diritti” in condominio: uso delle parti comuni

da laleggepertutti.it

Le norme di riferimento in condominio

Prima di elencare quali sono i diritti di chi vive in condominio andiamo a vedere cosa dice la legge. Due sono gli interessi che il condomino intende tutelare: la proprietà del proprio appartamento(che è una proprietà esclusiva e integrale) e la proprietà delle parti comuni del palazzo (che invece è una proprietà condivisa e per una semplice quota pari al valore dei propri millesimi).

Per quanto riguarda la proprietà dell’appartamento vigono le stesse regole (e quindi i medesimi diritti e doveri) di qualsiasi altro immobile. Inutile stare a dire quindi che il titolare può fare del proprio appartamento ciò che vuole: può fare lavori di ristrutturazione, modificare la piantina, cambiare la destinazione d’uso (ad esempio adibirlo a uso ufficio o attività commerciale), ricevere ospiti o clienti; può affittare stanze o farne un bed and breakfast. Tutto ciò rientra nei poteri del proprietario, salvo che il regolamento di condominio lo vieti espressamente. Affinché il regolamento possa vietare al proprietario dell’immobile un particolare uso o attività (fosse anche lo stendere i panni o collocare vasi da fiore dal balcone) dovrebbe essere approvato all’unanimità. L’unanimità costituisce infatti una sorta di autolimitazione al diritto di proprietà che lo stesso titolare ha voluto ed acconsentito; per cui solo così sono valide le limitazioni all’uso dell’immobile. Affinché tali limiti siano poi validi e opponibili nei confronti dei successivi acquirenti dell’appartamento, il regolamento di condominio deve essere trascritto nei pubblici registri immobiliari (insieme all’immobile in questione) oppure allegato all’atto stesso di vendita.

Uso delle parti comuni del palazzo

Più limitato è il diritto del condomino all’uso delle parti comuni dell’edificio: dai muri perimetrali alle parti interne (scale, androne, garage sotterraneo), dal cortile alla terrazza che copre l’edificio o, in sua assenza, il tetto. Qui vige il seguente principio: ciascun condomino può utilizzare le parti comuni dell’edificio purché rispetti le seguenti regole:

  • non può impedire agli altri condomini di fare lo stesso uso del bene. Questo significa, ad esempio, che si può ben utilizzare il tetto del palazzo per apporre un impianto fotovoltaico a condizione che si lasci lo spazio necessario anche agli altri per fare altrettanto; si può parcheggiare un’auto del cortile scoperto ma non anche la seconda o la terza o un camper, togliendo spazio agli altri; si può utilizzare il lastrico solare (meglio conosciuto come “terrazza”) ma non impedire agli altri condomini di accedervi e farne magari lo stesso uso (ad esempio per stendere i panni o come ripostiglio);
  • non utilizzare il bene per uno scopo diverso rispetto a quello per il quale è nato (dovere di non modificare la destinazione d’uso). Ad esempio, anche se non si dà fastidio a nessuno, non si può lasciare la bicicletta o la moto nell’androne dell’edificio, legata con un lucchetto all’inferriata delle scale, poiché l’ingresso ha un’altra funzione; non si può utilizzare il giardino come parco giochi dei bambini o, viceversa, il parcheggio per creare un campo di calcio;
  • nel momento in cui si intende eseguire una costruzione, all’interno o all’esterno del proprio appartamento (si pensi a una veranda che copra il balcone) non si può pregiudicare la stabilità del palazzo né si può ledere il suo decoro architettonico (ossia l’estetica).

Nel rispetto di tali limiti è possibile quindi utilizzare le parti comuni dell’edificio senza dover chiedere il permesso a nessuno. Ad esempio è possibile:

  • installare l’antenna sul tetto dell’edificio;
  • installare sulla terrazza un pannello fotovoltaico e poi far transitare i fili all’estero del palazzo;
  • piantare dei fiori o degli “odori” sulle aiuole del condominio (ad esempio prezzemolo, basilico, ecc.);
  • apporre una targa sul muto del palazzo in caso di studi professionali o altre attività commerciali;
  • usare la terrazza di copertura per posare oggetti propri o per stendere i panni o come angolo per prendere il sole;
  • apporre un condizionatore sulla facciata dell’edificio (se non lede il decoro);
  • far passare fili in prossimità del balcone del vicino di casa. Questo significa che nessun condomino potrà opporsi a che i tecnici della televisione ancorino i cavi dell’antenna alla parete dell’edificio senza passare sulle proprietà private;
  • aprire un varco o una porta su un muro condominiale, magari per consentire l’accesso alla proprietà esclusiva di uno dei condomini. Ogni condomino ha infatti diritto di apportare le modifiche che gli consentono un’utilità supplementare rispetto agli altri condòmini. Come detto sopra, tale facoltà è concessa a condizione che non venga impedito il concorrente utilizzo del bene comune, che non ne sia alterata la naturale destinazione e che non venga pregiudicata la stabilità e il decoro dell’edificio condominiale;
  • creare una veranda sul proprio terrazzo senza dover per questo chiedere il permesso all’amministratore o all’assemblea (salvi ovviamente i permessi amministrativi del Comune). Anche in questo caso, sarà necessario rispettare l’estetica della facciata;
  • sopraelevare sull’ultimo piano creando un’altra costruzione (leggi Si può sopraelevare sull’ultimo piano?).

Nel caso di persona con disabilità, essa può chiedere all’assemblea che vengano eseguiti lavori per l’abbattimento delle barriere architettoniche, addossando i costi alla compagine condominiale secondo millesimi. L’assemblea approva a maggioranza dei presenti che devono costituire almeno la metà dei millesimi dell’edificio. Se il voto è negativo, l’interessato può ugualmente provvedere ai lavori, ma assumendone i costi personalmente.

Uso dei servizi e degli spazi comuni

Spesso le dispute tra i condomini riguardano l’uso delle parti comuni e dei servizi come, ad esempio, l’ascensore. Ciascun condomino può utilizzare l’ascensore o bloccarlo per qualche secondo senza perciò temere contestazioni da parte degli altri condomini. Può allo stesso tempo utilizzare il giardino, il campo di calcio o di tennis, la piscina e tutto ciò che offre il condominio senza dover rispettare turni, salvo siano disposti dall’assemblea.

Eccezionalmente l’amministratore di condominio può inibire l’uso dei servizi comuni suscettibili di godimento separato nei confronti di chi non paga le quote (si pensi alla restituzione del telecomando per la sbarra del parcheggio comune, all’utilizzo dell’ascensore con delle schede rilasciate solo a chi è in regola con i pagamenti). A riguardo la giurisprudenza ritiene che non si possa togliere l’acqua o il riscaldamento al moroso trattandosi di beni indispensabili alla sopravvivenza.

Si può usare il marciapiede condominiale per lasciare cibo in pasto ai randagi a condizione che si lasci il luogo pulito e ciò non costituisca un rischio per l’igiene e la sicurezza dei condomini (si pensi alla possibilità che topi e insetti vadano ad attingere dagli avanzi).

Animali in condominio? Vietato vietarli

da coratoviva.it

Le discussioni in condominio sono sempre molto frequenti. La presenza di animali è tra le cause principali di liti condominiali, e spesso ci si vede in tribunale.

La legge n. 220/2012 di riforma del condominio, entrata in vigore dal 18 giugno 2013, ha aggiunto un ultimo comma all’art. 1138 c.c., specificando che nessun tipo di regolamento, contrattuale o assembleare, può vietare ai singoli condomini di possedere un animale domestico. Tale divieto, infatti, comporterebbe una limitazione dei diritti delle persone agli affetti familiari.

Che cosa accade se il divieto è contenuto all’interno di un regolamento antecedente la riforma? In tal caso, in forza del principio di irretroattività della legge, il divieto resta tale. L’unica soluzione possibile per consentire ai condomini di possedere un animale domestico è quindi la modifica del regolamento.

Contrariamente a quanto si possa pensare, la norma riformata autorizza di fatto l’utilizzo delle parte condominiali comuni, perché proprietà di tutti i condomini. Come non si può vietare al condomino di possedere un animale, non gli si può nemmeno vietare, ad esempio, l’uso dell’ascensore o del giardino condominiale, purché non sporchi ed emetta odori particolari. Con riferimento alle parti comuni, infatti, trova applicazione l’art. 1102 c.c., che impone di contemperare gli interessi di tutti i comproprietari, garantendo il pieno e libero uso e godimento da parte di ciascuno senza, però, abusi in danno agli altri.

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Condominio: chi abita a piano terra, può trasformare un giardino in un parcheggio?

da laleggepertutti.it

Il condominio rappresenta una fonte inesauribile di liti, contenziosi e giudizi. Rumori molesti, schiamazzi, volume dei televisori: tutto è causa di interminabili discussioni.

Tra i tanti motivi che inducono i condòmini a ricorrere agli avvocati ci sono i tentativi di trasformare le aree comuni. Una domanda ricorrente tra i nostri lettori è la seguente: può un condomino che abita al piano terra trasformare un giardino in un parcheggio? Vediamo cosa dice la legge.

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Delibera condominiale: è illegittimo impedire a un condomino di coltivare piante

da diritto.it

Corte di Cassazione, sez. 2, Ordinanza n.2957 del 07.02.2018

Precedenti giurisprudenziali: Cass. 21910/2015; Cass. 27233/2013; Cass. 19285/2016; Cass. S.U. 16601/2017

Riferimenti normativi: art. 7 c.p.c.; art. 1102 c.c.; art. 96 c.p.c.

Fatto

Un condominio di Cagliari, con due diverse delibere stabiliva il divieto da parte dei singoli condomini di occupare con ingombri di qualsiasi natura gli spazi verdi e le aiuole condominiali, ordinando così che tali spazi venissero lasciati liberi, nonché specificava il divieto di piantare essenze vegetali, deporre vasi o materiali sia sugli spazi comuni sia nei pressi di taluni pilastri, ordinando di recidere una pianta rampicante, piantata sul suolo comune, che ornava il balcone di un appartamento di un condomino. Il condominio dava esecuzione ad entrambe le delibere, rimuovendo i vasi e le piante presenti sul suolo condominiale, appartenenti agli stessi proprietari dell’appartamento adornato dal rampicante che veniva anch’esso rimosso.

I proprietari del suddetto appartamento provvedevano ad impugnare le delibere con due diversi ricorsi dinnanzi al Giudice di Pace di Cagliari, il quale però dichiarava la sua incompetenza per valore, fissando il termine per la riassunzione della causa dinanzi al Tribunale di Cagliari ritenuto competente.

I condomini impugnavano, quindi, la sentenza davanti al Tribunale, sostenendo l’inammisibilità dell’eccezione di incompetenza perché tardiva (essendo questa stata proposta e rilevata oltre la prima udienza) e perché infondata nel merito.

Il Tribunale di Cagliari accoglieva l’appello proposto, affermando che il Giudice di Pace avesse erroneamente riconosciuto la sua incompetenza, per due motivi: (i) perché l’eccezione di incompetenza non era stata tempestivamente né eccepita dal condominio né rilevata d’ufficio; (ii) perché riconosceva la competenza del Giudice di Pace per materia e valore.

Il Tribunale, poi, dichiarava l’appello fondato anche nel merito disponendo l’annullamento di entrambe le delibere perché contrastanti con le norme del codice civile relative alle decisioni sull’uso delle cose comuni, condannando il condominio al risarcimento del danno (pari a 849,29 euro) per la rimozione e la distruzione delle piante appartenenti ai due condomini, nonché all’erogazione di un’ulteriore somma di 3.000 euro per lite temeraria.

A fronte del conseguente ricorso in Cassazione promosso dal condominio, la Suprema Corte ha rigettato le doglianze di quest’ultimo e lo ha condannato al pagamento delle spese di giudizio.

La decisione della Corte

Il condominio ha proposto il proprio ricorso lamentando l’erroneità della decisione del Tribunale di Cagliari laddove aveva sancito la competenza del Giudice di Pace sia per materia che per valore.

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Condominio: chi decide i contratti per i lavori?

da studiocataldi.it

La gestione di un condominio è un’attività tutt’altro che semplice. Ecco perché la recente riforma ha voluto disegnare la figura dell’amministratore come una vera e propria professione. È dall’esercizio continuativo di tali compiti che si maturano le esperienze e i contatti necessari a rendere più semplice ed agevole la gestione degli edifici. In questo modo, peraltro, è possibile avere a riferimento gli stessi interlocutori per i lavori da eseguire nei vari palazzi come, ad esempio, la ditta per la riparazione dell’ascensore, il fabbro per la sostituzione del tamburo della serratura del portone d’ingresso, l’elettricista per la sostituzione delle luci fulminate, per il cancello del garage o per la sbarra metallica del parcheggio, l’impresa che si occupa dello spurgo, il giardiniere, ecc. Si tratta, infatti, di compiti da gestire nel quotidiano che necessitano di interventi rapidi e agevoli, in modo da non compromettere gli interessi dei proprietari degli appartamenti. Convocare l’assemblea per ogni necessità di questo genere sarebbe oltremodo oneroso e defatigante. Ciò detto, è giusto chiedersi: in condominio, chi decide i contratti per i lavori?

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Divorzio, la legge sull’assegno: carcere per chi non paga

da ilgiornale.it

Da domani infatti entra in vigore l’articolo 570 bis del codice penale che prevede il carcere fino a un anno o una multa fino a 1.032 euro per l’ex coniuge che si sottrae “agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge”.

Si amplia la tutela legale che il codice penale offre in ambito familiare, sia da un punto di vista soggettivo (tutela estesa dai soli discendenti anche agli ex coniugi) che oggettivo (il reato verrà commesso non solo da chi faccia mancare i mezzi di sussistenza, ma anche da chi ometta di versare l’assegno di mantenimento)“, spiega all’Adnkronos l’avvocato Giuseppe Mauro, specializzato in diritto di famiglia. “L’art. 570 limitava la pena al genitore che faceva mancare i mezzi di sussistenza ai propri discendenti, generalmente ai propri figli. Ora quelle pene si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli

Fino ad oggi il reato, punibile penalmente, si generava solo nel caso in cui il coniuge facesse mancare al figlio cibo, vestiti o una casa dove avitare. Ma non a chi, spiega Mauro, “a fronte di un assegno di mantenimento di 1000 euro, decideva arbitrariamente di versarne 500“.

Il carcere è solo una minaccia? Secondo l’avvocato Marco Meliti “la legge serve da ammonimento”, ma dopo “più sentenze il carcere è davvero un rischio”.

 

 

Parcheggi in condominio insufficienti? E’ inadempimento del costruttore

da altalex.com

Cosa succede se i parcheggi all’interno di un condominio non sono sufficienti? Si rappresenta un inadempimento del costruttore.

Così hanno precisato i giudici della Suprema Corte di Cassazione nella decisione del 16 febbraio 2018 n. 3842, ricordando che ai sensi e per gli effetti di cui alla Legge 1150/1942 (nello specifico all’articolo 41 sexies) nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, devono essere riservati idonei ed appositi spazi per i parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione.

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