Chi vuole mettersi in proprio e non ha già la fortuna di avere alle spalle uno studio professionale, come prima cosa deve assicurarsi le “quattro mura” dove esercitare. Spesso chi possiede una casa spaziosa non esita a trasformare la sala hobby o la camera in più in studio investendo l’appartamento del duplice ruolo di abitazione e luogo di lavoro. Ciò significa anche che alcuni costi da sostenere riguarderanno servizi utilizzati sia nell’ambito familiare che in quello professionale. Ma il fisco come vede queste spese? Leggi tutto “Il fisco è “soft”, se il professionista esercita nella casa in cui abita”
Panni stesi in condominio: i limiti
Chi abita in condominio sa benissimo che non può fare quello che vuole. Del resto il condominio è una comunità, in cui è necessario rispettare le esigenze di tutti e venirsi incontro. Uno dei problemi, sicuramente evitabile, applicando le regole della buona educazione è quello dei panni stesi. Come si può pensare di stendere la propria biancheria grondante di acqua sopra il terrazzo dell’appartamento sottostante e pretendere che il proprietario non si lamenti, magari dopo avergli rovinato la sua poltrona preferita? Prima di adottare questa pessima e fastidiosa abitudine, è bene consultare il regolamento condominiale, che potrebbe disporre anche sanzioni pecuniarie per chi trasgredisce. Questo, in assenza di un titolo che legittimi la servitù di “gocciolio”. E se il regolamento nulla dispone e non esiste una servitù? Come ci si deve comportare? In questo caso è necessario consultare il sito del Comune di appartenenza e controllare se e cosa prevede il regolamento comunale o se è stata emessa un’ordinanza ad hoc in materia, come è successo quest’anno in diversi Comuni italiani.
Videocitofono e privacy in condominio: le regole da seguire
Privacy in condominio: è possibile installare il videocitofono?
Vuoi installare un videocitofono per aumentare la sicurezza del tuo appartamento? Sappi che ci sono delle regole da seguire. Eccole.
L’entrata in vigore del Regolamento per la protezione del dati GDPR ha rivoluzionato molti aspetti della vita di tante persone e ha fatto sollevare molti dubbi su quali dati personali debbano essere protetti e sulle regole per l’installazione di telecamere, come quelle per il videocitofono. Ecco a cosa prestare attenzione per evitare spiacevoli violazioni delle norme a tutela della privacy.
Il Regolamento GDPR
Prima di capire come proteggere la privacy dei condomini nonostante l’installazione di videocitofoni, è bene partire dalla nuova normativa. A rivoluzionare il trattamento dei dati personali è il GDPR, General Data Protection Regolation. Si tratta di un Regolamento dell’Unione Europea (UE 2016/679) che disciplina il trattamento dei dati personali. Il GDPR è entrato in vigore il 25 maggio del 2018 e ha aumentato notevolmente obblighi e responsabilità per chi in un qualche modo si trova a dover gestire dei dati personali idonei a rivelare in modo diretto o indiretto abitudini di vita dei soggetti interessati. All’interno di un condominio chi ha maggiori responsabilità perché si trova a dover raccogliere i dati personali dei condomini è l’amministratore di condominio. Per lui vi sono obblighi specifici che gli impongono di evitare ogni comportamento che possa portare alla diffusione dei dati personali. Viene di conseguenza limitato di molto l’uso delle bacheche presenti nell’atrio dei condomini. Infatti gli avvisi devono essere il più possibile generici e non recare nomi dei singoli condomini, numeri di targa e dati relativi ai pagamenti ed eventuali ritardi. Questa norma appare del tutto congrua visto che l’atrio può essere visitato anche da terzi soggetti che magari fanno visita a un altro condomino o sono clienti di studi professionali presenti all’interno del condominio. Tra gli obblighi dell’amministratore vi è anche quello di predisporre un’informativa adeguata sul GDPR in modo che ogni condomino possa conoscere i dati raccolti, la finalità della raccolta e come far valere i propri diritti nel caso in cui ritenga siano stati violati i propri diritti. In relazione alla protezione della privacy molti dissidi e perplessità ha creato l’uso delle telecamere in condominio e in particolare del videocitofono. L’uso di questi strumenti è da molti sponsorizzato perché idonei ad aumentare la sicurezza, ma allo stesso tempo sono in molti a vedere un pericolo in tali strumenti, soprattutto quando i rapporti di vicinato non sono idilliaci e si teme un vicino spione. Ecco perché è bene chiarire alcuni punti.
Perché il videocitofono può invadere la privacy
Fatta questa disamina generale, ciò che preme ora è capire quali possono essere i limiti all’uso del videocitofono in condominio. Il videocitofono è uno strumento che prevede l’uso delle telecamere che devono riprendere l’area esterna al portone (principale o portone della singola unità abitativa) ed è proprio questo elemento a sollevare perplessità circa il GDPR. I problemi relativi alla potenziale violazione della privacy derivante dall’uso di un videocitofono sono attuali perché lo sviluppo tecnologico ha portato alla creazione di strumenti in grado non solo di prelevare immagini, ma anche di registrarle e registrare il sonoro. Questo vuol dire che un uso improprio può portare alla raccolta e diffusione di dati personali inerenti altri condomini o soggetti terzi che ad esempio arrivano in visita. Ad esempio, se il videocitofono punta su un portone che affaccia sul marciapiede, nel momento in cui dall’unità interna si controlla l’esterno, oltre ad avere visione di chi sta citofonando, si ha visione anche di chi in quel momento sta passando. L’immagine della persona porta ad una potenziale identificazione, questo può ledere i diritti.
D’altronde il videocitofono oggi è molto utilizzato perché, nella generale percezione di pericolo derivante da intrusione di terzi malintenzionati, consente al singolo condomino di vedere prima chi sta suonando al citofono e quindi aprire solo a persone conosciute. Il suo uso quindi è molto diffuso per motivi di sicurezza in quanto evita che il portone principale sia aperto anche a chi non ha titoli per entrare, di conseguenza è una misura che va a proteggere tutti i proprietari/locatari delle unità abitative. Ad esempio, capita spesso che i malintenzionati volendo introdursi nell’appartamento del signor Rossi, preferiscono citofonare presso il signor Bianchi in modo da entrare nell’atrio principale e recarsi poi all’unità abitativa. Ovviamente usano una scusa, ad esempio dicono di essere tecnici del gas, con il videocitofono è possibile verificare l’identità e non aprire. Nonostante questo, la presenza di telecamere può invadere la privacy degli altri condomini, ecco perché è necessario adottare delle precauzioni a protezione della privacy.
Videocitofono su aree comuni
Per il videocitofono occorre fare delle precisazioni, in particolare è bene distinguere tra l’ipotesi in cui le riprese vadano a ricadere su aree comuni dall’ipotesi in cui le immagini del videocitofono siano ad uso esclusivo del singolo condomino. Infatti in questo secondo caso non vengono sollevati particolari problemi di privacy, al punto che la dottrina prevalente ritiene che non sia necessario neanche posizionare degli avvisi che rendano nota la presenza del videocitofono. Nel primo caso, invece, è necessario adottare delle cautele.
In particolare, se le videocamere vanno a riprendere aree comuni è necessario che sia affisso un avviso per tutti, e in particolare anche per i terzi soggetti, che renda nota la presenza della telecamera. Inoltre le registrazioni delle telecamere devono essere tenute per un periodo massimo di 24-48 ore e non possono in alcun modo essere diffuse. Si possono conservare per temi maggiori solo in seguito ad una comunicazione al Garante, ovviamente la stessa deve essere opportunamente motivata, ad esempio nel caso in cui vi sia stato un furto.
Dei limiti vi sono anche all’installazione, infatti la normativa prevede che per poter installare videocitofoni che riprendono anche le aree comuni è opportuno procedere prima ad un’assemblea condominiale che voti tale proposta. Si intende accettata la stessa se ottiene il voto favorevole della maggioranza dei condomini presenti durante l’assemblea. Gli stessi devono inoltre rappresentare la metà del valore dell’immobile.
Videocitofono e privacy in condominio: l’importanza della regolazione dell’angolo visuale
Cosa succede se il singolo condomino installa un videocitofono ad uso esclusivo che però riprende anche aree non di sua esclusiva pertinenza? In linea di massima il videocitofono dovrebbe essere regolato in modo che l’angolo visuale ripreso sia il più possibile ristretto e quindi non sia idoneo a “intercettare” altri soggetti. Ad esempio l’angolo visuale deve essere tale da non riprendere gli ospiti che arrivano dai vicini, gli orari di uscita e rientro del condomino che abita sullo stesso piano. A dirimere ulteriormente la questione è stato il tribunale di Catania. La sentenza precisa che i sistemi di videosorveglianza non possono avere un raggio visuale che vada ad interferire con spazi condominiali comuni o con la proprietà del vicino. La sentenza precisa che le riprese sono vietate anche nel caso in cui il sistema di videosorveglianza non preveda la registrazione e conservazione delle immagini. Il Garante privacy ha precisato che è comunque vietato diffondere le immagini riprese, ad esempio attraverso webcam, anche se le stesse sono strettamente pertinenti alla propria area privata. Insomma se in casa mia arriva un ospite e io lo riprendo mentre suona il citofono, non posso comunque diffondere quelle immagini. Rispettando queste norme non è necessario neanche installare il cartello che avvisa della presenza della telecamera. Questa ipotesi è limitata al caso in cui la telecamera sia applicata sull’uscio di casa ed esclusivamente su esso. Tutto cambia che si tratta del portone principale del condominio o del pianerottolo.
Uso di videocitofono su aree comuni senza delibera assembleare
Nel caso in cui il videocitofono non condominiale, per le modalità di ubicazione, va a riprendere anche spazi comuni, come può essere un pianerottolo o l’uscio del vicino, si configura il reato di “Interferenze illecite nella vita privata altrui”, per tale reato è prevista anche la reclusione e il risarcimento danni. L’installazione del videocitofono che vada a riprendere anche aree comuni o l’uscio del vicino senza la deliberazione assembleare è vietata anche nel caso in cui il sistema non preveda la registrazione del sonoro, questo perché comunque si tratterebbe di un sistema di raccolta di dati personali visto che la persona è identificabile e già questo porta ad trattamento di dati personali. I dati personali infatti comprendono un’ampia sfera di fatti: dal sesso, all’età, ma anche le opinioni religiose. Ad esempio se anche non si conosce chi bussa alla porta del vicino, vedendolo si possono scorgere simboli religiosi.
Videocitofono e privacy in condominio: come agire senza rischi
Tutto ovviamente cambia se sono seguite tutte le procedure e quindi il videocitofono è installato su deliberazione dell’assemblea condominiale. Se l’installazione avviene con deliberazione, è comunque necessario che siano affissi dei cartelli nell’area circostante che avvertano in modo inequivocabile della presenza di videocamere e videocitofoni che possono riprendere coloro che si trovano nell’area circostante. I cartelli devono essere ben visibili e devono indicare anche la finalità per la quale avvengono le registrazioni/riprese. Il cartello ha l’obiettivo di avvisare i terzi soggetti, può trattarsi anche semplicemente del postino o del fattorino, che entrando in una determinata area vi è la possibilità di essere ripresi. Spetta poi a tale soggetto fare in modo di non avere comportamento che lui stesso valuti come inappropriati. Si è detto in precedenza che il responsabile del trattamento dei dati personali in condominio è l’amministratore. Proprio per questo se un condomino installa in videocitofono a uso esclusivo è suo compito chiedergli una relazione tecnica e i campi di visione delle telecamere in modo da valutare se le stesse possono violare la privacy di altri condomini o soggetti terzi.
Quali sono le regioni con più litigi in condominio?
Motivi futili
I motivi che scatenano le liti e gli omicidi sono legati a rapporti di cattivo vicinato. Un’anziana di Chiaravalle (Ancona), è stata uccisa dal vicino affetto da ludopatia, che ha colto l’occasione per derubarla e consegnare la refurtiva a un Compro Oro. Senza dimenticare il fatto di cronaca dello scorso gennaio, a Crotone, dove il 18enne Giuseppe Parretta ha perso la vita dopo 5 colpi di pistola esplosi per mano del 57enne Salvatore Gerace, per futili discussioni di condominio.
Le regioni più litigiose
Sono 2 milioni e 200mila le cause pendenti in tribunale legate a liti condominiali. Spulciando i dati del Codacons di febbraio 2018, emerge che nel Lazio e in Campania sono 190mila le cause pendenti scatenate da rapporti di cattivo vicinato. Si attestano a 160mila quelle in Veneto e Sicilia, in Emilia-Romagna si fermano a 140mila casi. Le cause principali riguardano il poco rispetto della parti comuni, seguite dagli schiamazzi e rumori molesti e dalla televisione a volume troppo alto. Chiudono la classifica dei motivi che causano litigate tra vicini gli odori molesti e i problemi legati agli animali domestici.
Vietato registrare di nascosto la riunione di condominio
Condominio: illegittima la registrazione dell’assemblea senza previo consenso
Sanzione al condominio, sanatoria edilizia e ripartizione della spesa
da laleggepertutti.it
Due condomini vogliono vendere rispettivamente il proprio appartamento ed il proprio garage nelle nostre palazzine, ma sono impossibilitati perché i disegni depositati presso l´ufficio tecnico del Comune nel 1968 non corrispondono a quanto realizzato (per incremento della superficie degli appartamenti, maggior numero totale di garage ottenuti tramite diversa suddivisione etc). Si autodenunceranno presso il Comune al fine di richiedere una sanatoria e quest’ultimo interverrà obbligando tutti i condomini a partecipare alla richiesta di sanatoria. Dato che la maggior parte dei costi (circa il 9% di € 60.000) sarà a mio carico per via dei millesimi – e tale azione non è nei miei interessi – come posso dissociarmi o richiedere la suddivisione pro-capite e non per millesimi?
La ripartizione della spesa per la sanatoria edilizia va fatta accollando gli importi ai soggetti che il Comune riterrà responsabili delle difformità. Per cui se l’ente riterrà di dover infliggere la sanzione al condominio in generale (per sanare opere di proprietà condominiale), allora l’importo della sanzione amministrativa andrà suddiviso tra tutti i condomini in ragione dei millesimi.
Se il comune infliggerà la sanzione solo ad alcuni proprietari (e non al condominio) è chiaro che dovranno essere loro soltanto a pagare. Se poi la sanzione sarà inflitta al condominio in generale ma si hanno le prove che gli abusi sulle proprietà condominiali furono commessi solo da alcuni condomini, allora la sanzione inflitta dal comune all’intero condominio dovrà essere ripartita dall’amministratore solo a carico dei condomini responsabili tenendo presente comunque che al Comune non interessa chi paghi, ma che si paghi (per cui la ripartizione interna al condominio della sanzione non sposta il termine per il pagamento dell’intera sanzione).
La sanatoria è sempre un’autodenuncia: pertanto, se anche i locali del lettore(probabilmente come tutti gli altri) si trovano nella stessa situazione, questi potrebbe anche non chiedere la sanatoria, la quale non gli può essere imposta. In questo modo il lettore rimarrà estraneo ad ogni spesa, in quanto la sanatoria di beni di proprietà esclusiva cose non comuni) grava solamente sui proprietari. È chiaro, però, che così facendo lo stesso rischia di esporsi ad un accertamento da parte dell’ufficio tecnico: l’autodenuncia presentata solo da alcuni, infatti, non limita i poteri di accertamento del Comune, il quale potrà sempre effettuare un sopralluogo. In quel caso, non potrà sfuggire né alla sanzione né all’adeguamento dell’immobile.
Il criterio è, quindi, il seguente: la sanatoria delle parti comuni grava su ciascun condomino in proporzione ai millesimi; quella delle singole proprietà, invece, è esclusiva dei titolari.
Si ricorda, infine, che secondo la giurisprudenza, in caso di mancato assenso degli altri condomini, l’ente può negare la concessione in sanatoria quando l’abuso interessi parti comuni del fabbricato: «In caso di opere che incidono sul diritto di altri comproprietari, l’amministrazione è legittimata ad esigere il consenso degli stessi (che può essere manifestato anche per fatti concludenti); perciò, qualora vi sia un conclamato dissidio fra i comproprietari in ordine all’intervento progettato in base al mero riscontro della conformità agli strumenti urbanistici, e maggior ragione nell’ipotesi di sanatoria edilizia di opere abusive quindi già realizzate, deve ritenersi che in caso di mancato assenso degli altri condomini, l’ente può negare la concessione in sanatoria chiesta ai sensi dell’articolo 39 della legge 724/94 laddove si ritiene che l’abuso interessi parti comuni del fabbricato» (Tar Sicilia, sentenza n. 1477 del 14 giugno 2016; nello stesso senso anche Tar Sardegna, sez. II, sent. 5 giugno 2017 n. 378 e Cons. St., sez. VI, 27 giugno 2008, n. 3282, a proposito, però, della diversa ipotesi di condono).
Appartamento “uso studio” e regole condominiali
È giusto pagare la quota condominiale per un condominio di impianti comuni? Sono proprietario di una unità immobiliare al CDN, adibita a studio/ufficio in un condominio di soli uffici con impianti di aria condizionata/riscaldamento centralizzato, (edifici anni 90 con impianti tipo termoconvettori per aria calda e fredda). Lo studio per motivi personali non lo utilizzo, pertanto ho disdetto il contratto di energia elettrica. L’impianto centralizzato nello studio funziona solo con l’energia elettrica, perciò pur volendo l’impianto non lo posso utilizzare avendo disdetto il contratto di energia elettrica . Ho chiesto all’amministratore di esentarmi o ridurmi il pagamento della quota ma ciò mi è stato negato categoricamente, a suo parere doveva decidere l’assemblea condominiale. Posso appellarmi a qualche legge per evitare questa palese ingiustizia? Trattandosi di studi e non di civili abitazioni suppongo ci siano leggi diverse. Quali?
Le norme da prendere in considerazione nel caso specifico sono le disposizioni che regolano in generale la materia condominiale ed in particolare gli articoli 1117, 1118 e 1123 del codice civile.
Occorre premettere che la disciplina del condominio si applica qualunque sia la destinazione delle unità immobiliari: questo significa che le regole sono le stesse sia che le unità immobiliari abbiano destinazione abitativa, sia che le stesse abbiano una destinazione differente (commerciale, uso ufficio o studio).
Fatta questa premessa, si evidenzia che:
– sono di proprietà condominiale (cioè di tutti i condomini), se non risulta il contrario dall’atto di acquisto, anche i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini (articolo 1117, 1° comma, n. 3, del codice civile);
Conti correnti online: le novità per i condomini
Tutti i condomini per legge devono avere un conto corrente nel quale far transitare tutte le spese e le operazioni, legate al mantenimento dello stabile o delle palazzine del comprensorio.
Soprattutto negli ultimi anni le norme riguardanti i condomini sono diventate molto più stringenti, per limitare le situazioni spiacevoli in cui a volte amministratori poco onesti o condomini esperti movimentavano i fondi del condominio con poca trasparenza.
Pensate a quante famiglie vivono all’interno di un condominio di medie dimensioni ed al tipo di spese alle quali questo va incontro ogni mese. Ovviamente non si tratta di pochi soldi ed è necessario scegliere il miglior conto corrente con tutte le funzioni necessarie a questo tipo di operazioni.
I migliori conto corrente per condomini
Come abbiamo appena visto su un conto corrente per condomini passano ogni anno migliaia di euro, destinati alle spese legate alla manutenzione ordinaria e straordinaria, alle emergenze ed alle opere di sicurezza ed ammodernamento.
Si va dal pagamento delle utenze di luce, riscaldamento, gas e acqua, alla pulizia degli stabili, alla quota per l’amministratore ed eventualmente allo stipendio del portiere, dalla manutenzione della caldaia e dell’ascensore fino al rifacimento della facciata o del tetto.
Si tratta perciò di conti corrente che devono avere un’alta operatività ed una certa elasticità con un minimo di scoperto, prevedendo la possibilità che qualche famiglia rimanga indietro con una o più rate o che sia necessario effettuare un pagamento con urgenza, quando ancora tutti i condomini non hanno versato la propria quota.
La maggior parte delle banche in Italia offrono conti corrente specifici per i condomini, con caratteristiche leggermente diverse dai tradizionali conti corrente individuali, oggi disponibili con tutte le funzioni dell’home ed mobile banking per gestire digitalmente tutti i pagamenti.
Come pagare l’affitto della casa, quello che serve sapere
da idealista.it
Quando si stipula un contratto di affitto è importante sapere esattamente in che modo è possibile pagare l’importo dovuto ogni mese. Ecco quali sono le modalità consentite.
L’affitto può essere saldato in contanti (nel rispetto del limite dei 2.999,00 euro), con bonifico bancario online o a sportello, con assegno o vaglia postale.
Nel caso si paghi l’affitto di casa in contanti è importante rispettare il limite previsto dalla normativa attuale (articolo 49 del D. Lgs. 231/2007), secondo la quale i pagamenti in contanti non possono superare il limite massimo di 2.999,00 euro, e su richiesta dell’inquilino c’è l’obbligo di quietanza (articolo 1199 del codice civile) con marca da bollo da 2 euro.
Nel caso, invece, si paghi l’affitto di casa con il bonifico bancario (online o a sportello) bisogna prestare attenzione alla causale: ove rechi una causale specifica, il bonifico consentirà all’inquilino di utilizzare la relativa contabile di pagamento alla stregua della quietanza normalmente rilasciata dal proprietario.
Barriere architettoniche in condominio
Gli spazi comuni di un condominio devono essere accessibili a tutti, quindi anche le persone con disabilità fisiche devono potersi muovere liberamente, senza quegli ostacoli che ne limitano le attività. Oltre alla legge 13/1989, anche il Codice civile affronta la questione, incoraggiando gli interventi che eliminano ogni forma di impedimento. Se per gli edifici di nuova costruzione esistono prescrizioni tecniche che permettono di realizzare da subito accessi e spazi comuni comodi per tutti, per quelli esistenti è più complicato. E non solo perché si deve intervenire, spesso con modifiche invasive, per andare ad eliminare le barriere architettoniche. Nonostante i buoni propositi, infatti, non sempre in condominio è possibile realizzare le opere necessarie ad agevolare i disabili, perché entrano in gioco altre esigenze come, per esempio, quella di salvaguardare il decoro architettonico dell’immobile o di tutelare il diritto di proprietà del bene comune – anche di un solo condomino – diritto che potrebbe venire meno a seguito dell’intervento. In questi casi, l’opera di abbattimento delle barriere architettoniche è quindi da ritenersi illegittima. Come, del resto, sono da considerarsi nulle le delibere condominiali volte a eliminare le barriere architettoniche che “siano lesive dei diritti di un altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative”.
Le norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati sono contenute nella legge n. 13/1989, modificata dalla legge n. 62/1989 e, negli articoli compresi tra il 77 e l’82, dal dpr n. 380/2001, conosciuto come “Testo Unico sull’edilizia”. La legge principale, fra le altre cose, prevede una serie di norme relative a finanziamenti agevolati, oltre a disposizioni di regime ordinario per le nuove costruzioni e di regime transitorio, di carattere urbanistico e condominiale, per gli edifici esistenti. Come affermato dal legislatore, non è indispensabile che negli edifici oggetto dell’intervento sia presente un disabile (proprietario o inquilino), in quanto l’accessibilità deve essere garantita anche ai soggetti terzi.
- La solidarietà sociale non esclude la tutela della proprietà
- Se l’assemblea non delibera o non approva, il disabile può procedere a proprie spese
- Ci sono diverse agevolazioni statali per rendere più comodi gli accessi
La tutela dei diritti del disabile
A meno che l’opera necessaria per l’abbattimento delle barriere architettoniche incida drasticamente sull’estetica dello stabile condominiale, l’attuale orientamento giurisprudenziale tende a favorire i diritti dei portatori di handicap, permettendo l’installazione di un montascale o di una rampa per il transito delle sedie a rotelle. Anche nei casi in cui di tratti di un palazzo di valore storico e architettonico.
A norma dell’articolo 1120 del Codice civile, gli interventi per eliminare le barriere architettoniche, così come “la realizzazione di percorsi attrezzati e l’installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi” devono essere deliberati, in prima o seconda convocazione, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136 del Codice civile.
• Vale a dire un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio, espresso in millesimi. Si tratta di un quorum agevolato rispetto a quello richiesto per deliberare le “classiche” innovazioni, che richiedono infatti una maggioranza più severa (2/3 del valore dell’edificio).
• L’articolo 1120, inoltre, impone all’amministratore di convocare l’assemblea entro 30 giorni dalla richiesta avanzata anche da un solo condomino interessato all’intervento. La domanda deve contenere l’indicazione dettagliata dell’opera e le modalità di esecuzione. Qualora il documento risulti incompleto, è compito dell’amministratore invitare “senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni”.
A proprie spese se non c’è l’ok
L’articolo 2 della legge 13/1989 prevede che “nel caso in cui il condominio rifiuti deliberare (…), o non deliberi entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, i portatori di handicap, o chi ne esercita la tutela o la potestà, possono installare a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garage”. Questo si può fare anche quando l’assemblea non raggiunge il quorum.
• Nel caso in cui, invece, l’intervento sia stato deliberato dall’assemblea, per quanto concerne la ripartizione delle spese dell’intervento, il costo viene suddiviso tra tutti i condòmini, in proporzione ai millesimi di proprietà.