“Conosciamo i nostri diritti” in condominio: uso delle parti comuni

da laleggepertutti.it

Le norme di riferimento in condominio

Prima di elencare quali sono i diritti di chi vive in condominio andiamo a vedere cosa dice la legge. Due sono gli interessi che il condomino intende tutelare: la proprietà del proprio appartamento(che è una proprietà esclusiva e integrale) e la proprietà delle parti comuni del palazzo (che invece è una proprietà condivisa e per una semplice quota pari al valore dei propri millesimi).

Per quanto riguarda la proprietà dell’appartamento vigono le stesse regole (e quindi i medesimi diritti e doveri) di qualsiasi altro immobile. Inutile stare a dire quindi che il titolare può fare del proprio appartamento ciò che vuole: può fare lavori di ristrutturazione, modificare la piantina, cambiare la destinazione d’uso (ad esempio adibirlo a uso ufficio o attività commerciale), ricevere ospiti o clienti; può affittare stanze o farne un bed and breakfast. Tutto ciò rientra nei poteri del proprietario, salvo che il regolamento di condominio lo vieti espressamente. Affinché il regolamento possa vietare al proprietario dell’immobile un particolare uso o attività (fosse anche lo stendere i panni o collocare vasi da fiore dal balcone) dovrebbe essere approvato all’unanimità. L’unanimità costituisce infatti una sorta di autolimitazione al diritto di proprietà che lo stesso titolare ha voluto ed acconsentito; per cui solo così sono valide le limitazioni all’uso dell’immobile. Affinché tali limiti siano poi validi e opponibili nei confronti dei successivi acquirenti dell’appartamento, il regolamento di condominio deve essere trascritto nei pubblici registri immobiliari (insieme all’immobile in questione) oppure allegato all’atto stesso di vendita.

Uso delle parti comuni del palazzo

Più limitato è il diritto del condomino all’uso delle parti comuni dell’edificio: dai muri perimetrali alle parti interne (scale, androne, garage sotterraneo), dal cortile alla terrazza che copre l’edificio o, in sua assenza, il tetto. Qui vige il seguente principio: ciascun condomino può utilizzare le parti comuni dell’edificio purché rispetti le seguenti regole:

  • non può impedire agli altri condomini di fare lo stesso uso del bene. Questo significa, ad esempio, che si può ben utilizzare il tetto del palazzo per apporre un impianto fotovoltaico a condizione che si lasci lo spazio necessario anche agli altri per fare altrettanto; si può parcheggiare un’auto del cortile scoperto ma non anche la seconda o la terza o un camper, togliendo spazio agli altri; si può utilizzare il lastrico solare (meglio conosciuto come “terrazza”) ma non impedire agli altri condomini di accedervi e farne magari lo stesso uso (ad esempio per stendere i panni o come ripostiglio);
  • non utilizzare il bene per uno scopo diverso rispetto a quello per il quale è nato (dovere di non modificare la destinazione d’uso). Ad esempio, anche se non si dà fastidio a nessuno, non si può lasciare la bicicletta o la moto nell’androne dell’edificio, legata con un lucchetto all’inferriata delle scale, poiché l’ingresso ha un’altra funzione; non si può utilizzare il giardino come parco giochi dei bambini o, viceversa, il parcheggio per creare un campo di calcio;
  • nel momento in cui si intende eseguire una costruzione, all’interno o all’esterno del proprio appartamento (si pensi a una veranda che copra il balcone) non si può pregiudicare la stabilità del palazzo né si può ledere il suo decoro architettonico (ossia l’estetica).

Nel rispetto di tali limiti è possibile quindi utilizzare le parti comuni dell’edificio senza dover chiedere il permesso a nessuno. Ad esempio è possibile:

  • installare l’antenna sul tetto dell’edificio;
  • installare sulla terrazza un pannello fotovoltaico e poi far transitare i fili all’estero del palazzo;
  • piantare dei fiori o degli “odori” sulle aiuole del condominio (ad esempio prezzemolo, basilico, ecc.);
  • apporre una targa sul muto del palazzo in caso di studi professionali o altre attività commerciali;
  • usare la terrazza di copertura per posare oggetti propri o per stendere i panni o come angolo per prendere il sole;
  • apporre un condizionatore sulla facciata dell’edificio (se non lede il decoro);
  • far passare fili in prossimità del balcone del vicino di casa. Questo significa che nessun condomino potrà opporsi a che i tecnici della televisione ancorino i cavi dell’antenna alla parete dell’edificio senza passare sulle proprietà private;
  • aprire un varco o una porta su un muro condominiale, magari per consentire l’accesso alla proprietà esclusiva di uno dei condomini. Ogni condomino ha infatti diritto di apportare le modifiche che gli consentono un’utilità supplementare rispetto agli altri condòmini. Come detto sopra, tale facoltà è concessa a condizione che non venga impedito il concorrente utilizzo del bene comune, che non ne sia alterata la naturale destinazione e che non venga pregiudicata la stabilità e il decoro dell’edificio condominiale;
  • creare una veranda sul proprio terrazzo senza dover per questo chiedere il permesso all’amministratore o all’assemblea (salvi ovviamente i permessi amministrativi del Comune). Anche in questo caso, sarà necessario rispettare l’estetica della facciata;
  • sopraelevare sull’ultimo piano creando un’altra costruzione (leggi Si può sopraelevare sull’ultimo piano?).

Nel caso di persona con disabilità, essa può chiedere all’assemblea che vengano eseguiti lavori per l’abbattimento delle barriere architettoniche, addossando i costi alla compagine condominiale secondo millesimi. L’assemblea approva a maggioranza dei presenti che devono costituire almeno la metà dei millesimi dell’edificio. Se il voto è negativo, l’interessato può ugualmente provvedere ai lavori, ma assumendone i costi personalmente.

Uso dei servizi e degli spazi comuni

Spesso le dispute tra i condomini riguardano l’uso delle parti comuni e dei servizi come, ad esempio, l’ascensore. Ciascun condomino può utilizzare l’ascensore o bloccarlo per qualche secondo senza perciò temere contestazioni da parte degli altri condomini. Può allo stesso tempo utilizzare il giardino, il campo di calcio o di tennis, la piscina e tutto ciò che offre il condominio senza dover rispettare turni, salvo siano disposti dall’assemblea.

Eccezionalmente l’amministratore di condominio può inibire l’uso dei servizi comuni suscettibili di godimento separato nei confronti di chi non paga le quote (si pensi alla restituzione del telecomando per la sbarra del parcheggio comune, all’utilizzo dell’ascensore con delle schede rilasciate solo a chi è in regola con i pagamenti). A riguardo la giurisprudenza ritiene che non si possa togliere l’acqua o il riscaldamento al moroso trattandosi di beni indispensabili alla sopravvivenza.

Si può usare il marciapiede condominiale per lasciare cibo in pasto ai randagi a condizione che si lasci il luogo pulito e ciò non costituisca un rischio per l’igiene e la sicurezza dei condomini (si pensi alla possibilità che topi e insetti vadano ad attingere dagli avanzi).

Condominio: chi abita a piano terra, può trasformare un giardino in un parcheggio?

da laleggepertutti.it

Il condominio rappresenta una fonte inesauribile di liti, contenziosi e giudizi. Rumori molesti, schiamazzi, volume dei televisori: tutto è causa di interminabili discussioni.

Tra i tanti motivi che inducono i condòmini a ricorrere agli avvocati ci sono i tentativi di trasformare le aree comuni. Una domanda ricorrente tra i nostri lettori è la seguente: può un condomino che abita al piano terra trasformare un giardino in un parcheggio? Vediamo cosa dice la legge.

continua a leggere

 

 

 

 

 

Delibera condominiale: è illegittimo impedire a un condomino di coltivare piante

da diritto.it

Corte di Cassazione, sez. 2, Ordinanza n.2957 del 07.02.2018

Precedenti giurisprudenziali: Cass. 21910/2015; Cass. 27233/2013; Cass. 19285/2016; Cass. S.U. 16601/2017

Riferimenti normativi: art. 7 c.p.c.; art. 1102 c.c.; art. 96 c.p.c.

Fatto

Un condominio di Cagliari, con due diverse delibere stabiliva il divieto da parte dei singoli condomini di occupare con ingombri di qualsiasi natura gli spazi verdi e le aiuole condominiali, ordinando così che tali spazi venissero lasciati liberi, nonché specificava il divieto di piantare essenze vegetali, deporre vasi o materiali sia sugli spazi comuni sia nei pressi di taluni pilastri, ordinando di recidere una pianta rampicante, piantata sul suolo comune, che ornava il balcone di un appartamento di un condomino. Il condominio dava esecuzione ad entrambe le delibere, rimuovendo i vasi e le piante presenti sul suolo condominiale, appartenenti agli stessi proprietari dell’appartamento adornato dal rampicante che veniva anch’esso rimosso.

I proprietari del suddetto appartamento provvedevano ad impugnare le delibere con due diversi ricorsi dinnanzi al Giudice di Pace di Cagliari, il quale però dichiarava la sua incompetenza per valore, fissando il termine per la riassunzione della causa dinanzi al Tribunale di Cagliari ritenuto competente.

I condomini impugnavano, quindi, la sentenza davanti al Tribunale, sostenendo l’inammisibilità dell’eccezione di incompetenza perché tardiva (essendo questa stata proposta e rilevata oltre la prima udienza) e perché infondata nel merito.

Il Tribunale di Cagliari accoglieva l’appello proposto, affermando che il Giudice di Pace avesse erroneamente riconosciuto la sua incompetenza, per due motivi: (i) perché l’eccezione di incompetenza non era stata tempestivamente né eccepita dal condominio né rilevata d’ufficio; (ii) perché riconosceva la competenza del Giudice di Pace per materia e valore.

Il Tribunale, poi, dichiarava l’appello fondato anche nel merito disponendo l’annullamento di entrambe le delibere perché contrastanti con le norme del codice civile relative alle decisioni sull’uso delle cose comuni, condannando il condominio al risarcimento del danno (pari a 849,29 euro) per la rimozione e la distruzione delle piante appartenenti ai due condomini, nonché all’erogazione di un’ulteriore somma di 3.000 euro per lite temeraria.

A fronte del conseguente ricorso in Cassazione promosso dal condominio, la Suprema Corte ha rigettato le doglianze di quest’ultimo e lo ha condannato al pagamento delle spese di giudizio.

La decisione della Corte

Il condominio ha proposto il proprio ricorso lamentando l’erroneità della decisione del Tribunale di Cagliari laddove aveva sancito la competenza del Giudice di Pace sia per materia che per valore.

continua a leggere