Hai ricevuto un decreto ingiuntivo da parte del condominio perché non hai pagato le quote straordinarie approvate dall’assemblea a maggioranza qualche mese fa. Durante quella famosa riunione ti eri opposto alla ripartizione per come operata dall’amministratore, ritenendo che dette spese non dovessero competere a te o, comunque, ti spettassero in misura inferiore. Hai ritenuto che bastasse votare “no” in assemblea per essere legittimato, un giorno, a contestare eventuali pretese di pagamento. Pretese che ora bussano alla porta sotto forma, appunto, di decreto ingiuntivo del condomino: che fare? Cosa puoi contestare per opporti all’atto giudiziario? Sul punto si è pronunciata di recente la Cassazione [1] che, in realtà, non ha fatto altro che ribadire un concetto già noto in precedenza. Vediamo dunque cosa hanno detto i giudici supremi in merito alle possibili contestazioni che il condomino moroso può sollevare contro una richiesta di pagamento dell’amministratore.
Liti in condominio? Per risolverle c’è la Mediazione
Conviene divorziare o restare separati?
Divorziare o restare separati: un dubbio che si può porre solo chi è, sostanzialmente, il buoni rapporti con l’ex coniuge e non intende contrarre un nuovo matrimonio. Una situazione di stand by in cui i coniugi restano separati ma non procedono al successivo divorzio implica infatti il mantenimento del vincolo coniugale e di alcuni obblighi come quello di mantenimento e di successione. Insomma, separazione e divorzio sono due situazioni completamente diverse perché solo con quest’ultima cessa ogni legame tra marito e moglie. Ci sono però una serie di diritti che anche col divorzio non vengono meno, come ad esempio il diritto a percepire una parte del Tfr maturato dall’ex coniuge o una quota della pensione di reversibilità. Altri diritti invece restano in vita solo durante la separazione e cessano definitivamente col divorzio. Impossibile dire a priori, quindi, se conviene divorziare o restare separati perché su tale scelta incidono una serie di variabili (l’età dei coniugi, l’eventuale addebito, l’autosufficienza economica da parte di entrambi, ecc.). Ecco perché, in questo articolo ci limiteremo ad indicare quali conseguenze comporta, per ognuno di questi diritti, la separazione e il divorzio lasciando poi la valutazione sulla convenienza tra l’una e l’altra strada al lettore.
Quando l’inquilino diventa amministratore di codominio, quali specifici requisiti deve possedere?
L’autogestione amministrativa sembra essere una tendenza in continua ascesa negli edifici condominiali medio-piccoli, grazie anche al legislatore che, con l’art. 1129 c.c., inspiegabilmente, ha innalzato il numero minimo dei condòmini (da quattro a otto) oltre il quale è obbligatoria la nomina dell’amministratore.
In altri termini la legge prevede che gli edifici condominiali, con meno di otto proprietari, possano essere gestiti senza l’amministratore, anche se nessuna norma vieta ai condòmini in numero inferiore a nove, di poter nominare comunque un amministratore.In effetti il legislatore sembra aver fatto di più, per incoraggiare l’autogestione, se si pensa che si è sforzato anche ad inventare una misteriosa figura amministrativa, con “funzioni analoghe a quelle dell’amministratore”, ossia un facente funzioni delegato dai condòmini ad occuparsi del fabbricato.
In tale prospettiva sono davvero tanti i condòmini, che allettati dall’idea di non pagare l’onorario dell’amministratore esterno, preferiscono organizzarsi, in via amichevole, nominando un referente interno, addetto ad occuparsi della gestione condominiale.
Danni dalle tegole del condominio: chi risarcisce?
Viene, inevitabilmente, alla memoria il mitico Fantozzi. Solo lui, passeggiando tranquillamente in città, è capace di prendere in testa la tegola caduta dal tetto di un condominio che, fino a quel momento, non aveva mai dato segni di cedimento. Si sa: se la fortuna è cieca, «quella lì» ci vede benissimo.
Non sembrerebbe vero, ma di questi Fantozzi in giro ce ne sono a decine. Ed è per questo che sono frequenti le richieste di risarcimento per danni subiti da tegole, da pezzi di cornicione o da frammenti della struttura di un edificio che, a causa del maltempo, si sganciano dal palazzo e finiscono sul malcapitato passante che transita in zona in quel momento, se non sulla sua auto.
La domanda che molti si pongono è: per i danni dalle tegole del condominio che volano via durante una bufera, chi risarcisce? C’è il diritto di chiedere i danni a qualcuno o bisogna prendersela soltanto con Eolo, dio dei venti, che difficilmente si presenterà in aula per rispondere della propria ira?
Il comodato di una casa è una donazione?
Il comodato: un termine giuridico che possiamo tradurre, in parole comuni, con la parola «prestito». Dare in comodato una casa, un appartamento o qualsiasi altro immobile significa prestarlo gratuitamente, senza voler nulla in cambio. Ovviamente non c’è uno scopo se non il fine stesso della generosità (in termini giuridici si chiama «spirito di liberalità»). A questo punto è legittimo chiedersi se il comodato di una casa è una donazione, ossia l’attribuzione di un diritto a titolo gratuito come può essere ad esempio la consegna di una somma di denaro, di un’auto o di qualsiasi altro bene. È vero, c’è una differenza di fondo: nel comodato il bene va sempre restituito alla scadenza concordata, mentre nella donazione no. Una cosa regalata non può essere più chiesta indietro. Ma non c’è dubbio che, quando il comodato ha oggetto un immobile, il vantaggio consiste già solo nel fatto di un notevole risparmio di soldi per l’affitto che, altrimenti, il comodatario avrebbe dovuto sborsare in favore di un ipotetico padrone di casa. Il risultato, alla fine dei conti, è lo stesso di un regalo avente ad oggetto una discreta somma di denaro. Insomma, il comodato potrebbe apparire, a tutti gli effetti, come una donazione indiretta, con lo scopo di procurare cioè una specifica utilità. Se il comodato di una casa è una donazione o meno non è questione di pura “lana caprina”, ma ha degli effetti importantissimi nel momento in cui si va a dividere l’eredità di una persona. A breve spiegheremo il perché con un esempio pratico. La questione è stata di recente affrontata dal Tribunale di Padova con una sentenza che chiarisce se dare in prestito una casa a una persona per viverci è un regalo o meno.
Quanti animali è possibile tenere in un appartamento condominiale?
Come sappiamo la legge di riforma 212/2012 ha fornito un’apertura verso quei condomini che vogliono tenere gli animali in appartamento. Difatti l’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. prevede che “le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”. Da una prima lettura, la norma è alquanto chiara: rappresenta il pensiero del legislatore in un clima del concetto di animale “oggi” (valorizzazione dell’animale dal punto di vista del rapporto uomo/animale).
Condominio: innovazioni ed uso della cosa comune
Avv. Pier Vincenzo Garofalo – Dispone l’art. 1102 del codice civile: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Cassazione: Whatsapp e sms si possono acquisire come prova
I messaggi Whatsapp e gli sms acquisiti dalla memoria del telefono dell’indagato sottoposto a sequestro devono essere considerati come documenti, con conseguente applicazione dell’articolo 234 del codice di procedura penale.