Schiamazzi e rumori nel condominio: è disturbo alla quiete pubblica?

da lastampa.it

Ai fini della configurabilità della reato di “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle immissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone. È infatti sufficiente che il fastidio venga arrecato a un gruppo di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio, e non al singolo individuo.

Un circolo ricreativo disturba i condomini. Il Tribunale di Bergamo condanna il legale rappresentante di un’associazione al pagamento di un ammenda per aver, mediante schiamazzi e rumori superiori alla soglia consentita dalla legge, disturbato le occupazioni e il riposo delle persone che abitano il condominio in cui è sito il locale.
Il Tribunale accerta la produzione delle immissioni sonore provenienti dal circolo gestito dall’imputato, il quale, avverso tale sentenza, ricorre per cassazione.
Il ricorso è affidato a due motivi: con il primo motivo l’imputato deduce che non è stato accertato che le immissioni disturbino un numero indeterminato di persone, come richiesto ai fini della configurabilità del reato, di conseguenza, non ci sarebbe neanche un pericolo concreto per la quiete pubblica. Con il secondo motivo egli deduce la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, non essendo stato affermato, dai testi escussi, che la musica proveniente dal locale fosse assordante e fastidiosa anche al di fuori del condominio in cui si trovava il locale stesso.
La Corte di Cassazione osserva che i rumori e la musica proveniente dall’associazione gestita dall’imputato sono sicuramente idonei a disturbare l’occupazione e il riposo non solo della famiglia del denunciante, residente in un appartamento ubicato sopra il locale, ma di tutti gli abitanti presenti nelle vicinanze, tanto che una residente era stata costretta a trasferirsi.

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Liti condominiali: 10 cose da sapere

da laleggepertutti.it

Tra i conflitti condominiali più ricorrenti ci sono quelli relativi ai rumori molesti, all’approvazione e ripartizione delle spese, all’utilizzo delle parti comuni (pianerottoli, ascensore, terrazza) e al recupero delle quote dai morosi. Chi vuol vivere serenamente in condominio non ha, in verità, che da rispettare poche regole, che poi sono le stesse della civile convivenza tra persone  educate. Gli impegni contrattuali, quando si vive “muro a muro”, dovrebbero venire dopo il rispetto reciproco. In questo articolo ti diremo quelli che, sulla base dell’esperienza delle aule giudiziarie, sono gli errori più comunemente commessi all’interno degli edifici e che, di solito, fanno perdere le cause. Vediamo quindi quali sono le cose da sapere sulle liti condominiali.

Animali in condominio? Vietato vietarli

da coratoviva.it

Le discussioni in condominio sono sempre molto frequenti. La presenza di animali è tra le cause principali di liti condominiali, e spesso ci si vede in tribunale.

La legge n. 220/2012 di riforma del condominio, entrata in vigore dal 18 giugno 2013, ha aggiunto un ultimo comma all’art. 1138 c.c., specificando che nessun tipo di regolamento, contrattuale o assembleare, può vietare ai singoli condomini di possedere un animale domestico. Tale divieto, infatti, comporterebbe una limitazione dei diritti delle persone agli affetti familiari.

Che cosa accade se il divieto è contenuto all’interno di un regolamento antecedente la riforma? In tal caso, in forza del principio di irretroattività della legge, il divieto resta tale. L’unica soluzione possibile per consentire ai condomini di possedere un animale domestico è quindi la modifica del regolamento.

Contrariamente a quanto si possa pensare, la norma riformata autorizza di fatto l’utilizzo delle parte condominiali comuni, perché proprietà di tutti i condomini. Come non si può vietare al condomino di possedere un animale, non gli si può nemmeno vietare, ad esempio, l’uso dell’ascensore o del giardino condominiale, purché non sporchi ed emetta odori particolari. Con riferimento alle parti comuni, infatti, trova applicazione l’art. 1102 c.c., che impone di contemperare gli interessi di tutti i comproprietari, garantendo il pieno e libero uso e godimento da parte di ciascuno senza, però, abusi in danno agli altri.

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Delibera condominiale: è illegittimo impedire a un condomino di coltivare piante

da diritto.it

Corte di Cassazione, sez. 2, Ordinanza n.2957 del 07.02.2018

Precedenti giurisprudenziali: Cass. 21910/2015; Cass. 27233/2013; Cass. 19285/2016; Cass. S.U. 16601/2017

Riferimenti normativi: art. 7 c.p.c.; art. 1102 c.c.; art. 96 c.p.c.

Fatto

Un condominio di Cagliari, con due diverse delibere stabiliva il divieto da parte dei singoli condomini di occupare con ingombri di qualsiasi natura gli spazi verdi e le aiuole condominiali, ordinando così che tali spazi venissero lasciati liberi, nonché specificava il divieto di piantare essenze vegetali, deporre vasi o materiali sia sugli spazi comuni sia nei pressi di taluni pilastri, ordinando di recidere una pianta rampicante, piantata sul suolo comune, che ornava il balcone di un appartamento di un condomino. Il condominio dava esecuzione ad entrambe le delibere, rimuovendo i vasi e le piante presenti sul suolo condominiale, appartenenti agli stessi proprietari dell’appartamento adornato dal rampicante che veniva anch’esso rimosso.

I proprietari del suddetto appartamento provvedevano ad impugnare le delibere con due diversi ricorsi dinnanzi al Giudice di Pace di Cagliari, il quale però dichiarava la sua incompetenza per valore, fissando il termine per la riassunzione della causa dinanzi al Tribunale di Cagliari ritenuto competente.

I condomini impugnavano, quindi, la sentenza davanti al Tribunale, sostenendo l’inammisibilità dell’eccezione di incompetenza perché tardiva (essendo questa stata proposta e rilevata oltre la prima udienza) e perché infondata nel merito.

Il Tribunale di Cagliari accoglieva l’appello proposto, affermando che il Giudice di Pace avesse erroneamente riconosciuto la sua incompetenza, per due motivi: (i) perché l’eccezione di incompetenza non era stata tempestivamente né eccepita dal condominio né rilevata d’ufficio; (ii) perché riconosceva la competenza del Giudice di Pace per materia e valore.

Il Tribunale, poi, dichiarava l’appello fondato anche nel merito disponendo l’annullamento di entrambe le delibere perché contrastanti con le norme del codice civile relative alle decisioni sull’uso delle cose comuni, condannando il condominio al risarcimento del danno (pari a 849,29 euro) per la rimozione e la distruzione delle piante appartenenti ai due condomini, nonché all’erogazione di un’ulteriore somma di 3.000 euro per lite temeraria.

A fronte del conseguente ricorso in Cassazione promosso dal condominio, la Suprema Corte ha rigettato le doglianze di quest’ultimo e lo ha condannato al pagamento delle spese di giudizio.

La decisione della Corte

Il condominio ha proposto il proprio ricorso lamentando l’erroneità della decisione del Tribunale di Cagliari laddove aveva sancito la competenza del Giudice di Pace sia per materia che per valore.

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